Scrive Norman in “Vivere con la complessità”:
“Interessante” mi sono detto entrando in una stanza piena di monitor. C’erano molte pompe da infusione, display digitali e monitor. Tutta la stanza era piena di luci rosse dei display, del bianco dei grafici su schermi di computer. “Interessante”, ho detto, “avete messo tutti questi monitor in un solo posto in modo da poter vedere come stanno tutti i pazienti?
“No”, ha detto uno dei medici, “che cosa vuol dire?”
“E allora dove sono i pazienti?”, ho chiesto, immaginando che la risposta sarebbe stata “nelle stanze vicine”.
“Proprio qui”, ha detto il medico, ovviamente perplesso per la mia domanda. “Proprio qui nella stanza, di fronte a lei.”
Ho guardato con attenzione e ancora non riuscivo a vedere neanche un paziente. Una delle infermiere si è mossa e ha indicato con un dito. “Oh”, ho detto. C’erano così tante apparecchiature, così tanti display e monitor che non riuscivo nemmeno a vedere il paziente. Certo, era un reparto di pediatria, perciò quel particolare paziente era piccolo. Ma comunque questa resta una buona illustrazione della medicina moderna: dal punto di vista dei medici, il paziente è un insieme di risultati dei test e di letture numeriche. Il paziente come persona tende a essere dimenticato.
(…)
Il medico curante stava fuori della porta della stanza del paziente, ascoltava la rassegna dei risultati dei test fatta da tutti gli interni. Poi discutevano i risultati e prendevano ulteriori decisioni. Poi (…) il medico curante bussava alla porta aperta, infilava la testa e diceva “Come sta oggi, signor Forbes?”. Tutta qui, l’interazione con il paziente.