All’IA Summit 2012, Diego Banchero ha presentato un intervento dal titolo “IA e adaptive design: SHE (Shrink, Hide, Embody) always right” al termine del quale Stefano Bussolon ha chiesto: “Ma quindi a nuovi dispositivi corrispondono nuovi modelli mentali?” Diego ha risposto: “Non ho dati su cui basare la mia risposta, quindi posso solo dire che la mia sensazione è che sia così.”
La slide 38 del keynote di Sylvain Cottong.
Ho provato a pensare a un servizio, sito, app che uso frequentemente su vari dispositivi e mi ha folgorato YouTube. Fino a circa due anni fa non lo consideravo molto e invece ora ne faccio un uso molto pervasivo ed eclettico.
Ascolto musica in sottofondo durante il lavoro, cerco pezzi scoperti in radio, ritrovo vecchi pezzi anche non mainstream, condivido i video su Facebook per farli ascoltare ai miei amici.
Ma cerco e guardo anche contenuti di approfondimento legati al mio lavoro. Ho iniziato ad apprezzare molto le funzioni “Playlist” (che voglio iniziare a organizzare in modo strutturato) e “Guarda più tardi”.
L’ho usato sempre in mobilità, per esempio in viaggio, per ritrovare un video musicale o un trailer di cui stavo parlando con gli amici. In un paio di occasioni è diventata la radio di viaggio, finché c’era connessione.
Il tablet è un oggetto particolare, versatile e ancora molto giovane, almeno per me. Per ora mi capita raramente di usarlo in mobilità. Per quanto riguarda i video tendo a preferire il mac o la tv.
Uso le playlist come sottofondo musicale di alcuni momenti quotidiani passati in casa e come supporto a un’attività professionale: in questi giorni sto imparando a usare un nuovo programma e su Youtube e Vimeo ho trovato diversi videotutorial molto utili. Il bello di vederli in tv potete immaginarlo. Posso mettere in pausa o rivedere un passaggio avendo tutto il mac libero per mettere in pratica con calma quello che vedo in tv, posso cercare altri video correlati per approfondire, il tutto senza perdere le funzionalità utili in questo contesto (cerca video simili, aggiungi ai preferiti, aggiungi a pleylist ecc.).
Quest’ultimo uso di Youtube è stato per me il più recente, sorprendente e soddisfacente.
La domanda da cui parte questa riflessione è stata fatta alla fine di un talk in cui si parlava di responsive design e quindi il ragionamento può tendere a rimanere limitato a un discorso di vincoli web e mobile. Il mio parere è che nuovi dispositivi propongono intrinsecamente nuovi modelli mentali. Non sono un’esperta di scienze cognitive e teorie della percezione, eppure più ci penso e più credo che sia riduttivo parlare di nuovi dispositivi quando, in questi ambiti, pensiamo di riflesso ai modelli mentali usati dall’utente. Pensiamo a servizi come quelli illustrati da Cottong in apertura del summit: gli obiettivi rimangono gli stessi (ottenere un’informazione, soddisfare un bisogno, risolvere un problema ecc.), ma cambia il modo in cui l’utente può arrivare a ottenere queste cose. In alcuni casi, il servizio si propone di risolvere un aspetto di una questione aprendo possibilità che l’utente non si era neanche mai immaginato, come per esempio il monitoraggio dei progressi delle proprie attività sportive o di avere (e condividere) informazioni “qui e ora” durante un viaggio.
Devo abituarmi a ragionare di nuovi scenari, contesti, tecnologie e connessioni, più che limitarmi a guardare queste cose dal buco della serratura dei vincoli imposti dai vari dispositivi. La risposta alla domanda sui modelli mentali stava nel keynote di Cottong e, a ben vedere, possiamo cogliere l’occasione di rigirare marzullianamente la questione in “A nuovi modelli mentali corrispondono nuovi dispositivi?“. La risposta, oggi, è certamente sì. E sarà così finché la tecnologia non riuscirà ad andare oltre i dispositivi, risparmiandoci tutta questa ridondanza di strumenti e strumentini vari.
Ottimo summit, comunque. Davvero grazie a tutti quelli che si sono fatti in quattro per organizzarlo.